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L’antifascismo di facciata

L’antifascismo di facciata

Riceviamo e pubblichiamo:

Se il fascismo, nonostante siano passati 80 anni dalla sua caduta e perdita di visibilità, si ripresenta oggi apertamente nelle piazze e suoi esponenti occupano livelli delle gerarchie statali e dei media, allora c’è da domandarsi come ciò sia stato possibile.

Come ha scritto Flores D’Arcais, fin dall’inizio del dopo guerra: “l’apparato statale con i suoi vari livelli istituzionali è rimasto sostanzialmente lo stesso del Ventennio fascista”.

È fondamentale chiarire che il fascismo ha la sua origine ben prima di Mussolini. L’ideologia fascista infatti, è nella sua essenza un’ideologia autoritaria. È nata con l’affermarsi degli stati militaristi e guerrafondai precedenti, nelle strutture gerarchiche delle loro istituzioni, nel mito dell’“uomo forte” o del governo forte, nella avvilente pretesa di governabilità dei pochi sui molti e nella accettazione acritica o timorosa delle maggioranze nei riguardi delle autorità superiori, nominate dall’alto.

Tutto ciò significa che la cultura autoritaria e razzista, da allora, ha continuato a persistere e inficiare la società e che l’antifascismo del dopoguerra è stato in realtà solo un antifascismo di facciata. Non si è formata una cultura antitetica né di pace. I cambiamenti successivi al ventennio fascista e al partito di Mussolini sono stati in realtà semplicemente una occupazione delle istituzioni da parte di nuovi funzionari, che, pur proclamandosi nati dalla resistenza, hanno ripetuto la solita vecchia divisione tra governanti e governati, ereditata dalla vecchie strutture gerarchiche e dalla solita mentalità. La novità, rispetto al regime totalitario fascista, è stata quella che oggi possiamo scegliere tra governanti, anziché subire sempre lo stesso, ci siamo guadagnati con la lotta alcuni diritti e la polizia non potrebbe agire arbitrariamente.

Così la gente ha votato coalizioni di partiti di centro destra e di centrosinistra, poi ha mandato al potere Berlusconi, Renzi, i 5s, Salvini e oggi la Meloni. Illudendosi ogni volta di poter cambiare la politica e la situazione generale del paese cambiando leader e partito.

Oggi le strade sono due.

Una che ci riporta indietro, ma con un regime ancora peggiore di quello mussoliniano, disponendo di mezzi tecnologici che una volta erano immaginati solo nella fantasia di George Orwell. Per ritornare al totalitarismo basta cominciare ad introdurre progressivamente leggi come il presidenzialismo e la cancellazione del reato di abuso di ufficio in modo da consentire a chi ha il potere di avere più mano libera. In quanto ad umanità si guarda dall’altra parte mentre bombardano la popolazione di Gaza e si permettono massacri di bambini, di donne, di cittadini inermi, sdoganando istituzionalmente il più disumano dei crimini e la più disumana politica terroristica.

L’altra strada è quella autenticamente antifascista: quella libertaria. Una strada che finalmente veda al centro i lavoratori e la cittadinanza con il diritto di poter scegliere e decidere sulle questioni economiche e sociali.

Si tratta di una cultura, quella libertaria, che se diffusa sufficientemente, è il vero anticorpo a tutto ciò che è sotteso al fascismo, alla sua logica militare e alla società divisa in scale gerarchiche. Una cultura antiautoritaria che tende a una società convergente verso gli interessi comuni, dove regna la collaborazione e la gente può decidere per esempio come promuovere la conversione delle fabbriche belliche e le fonti inquinanti. Una società che si avvia sulla strada di un futuro migliore, con una nuova visione del mondo. Un mondo non solo possibile ma sempre più urgentemente necessario.

L’obbedienza cieca all’autorità è il più grande nemico della verità” rispondevano Giordano Bruno, Galileo, Einstein, ecc. ecc. a chi si ostinava a credere possibile la sola verità dominante.

Gianfranco Cunsolo

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